A cura di Melania Mocerino
Cari lettori, oggi vi racconto di Lady Emma Hamilton, troppe volte ricordata per esser stata l’amante dell’ammiraglio Horatio Nelson e non per la grande personalità di cui era dotata.
Amy Lyon (questo il suo nome di origine) nata nel 1765 da un’ umilissima famiglia del Cheshire, nel Nord-Ovest dell’Inghilterra, capì fin da bambina che lei, ragazzina povera e senza istruzione, per riscattarsi dalla sua condizione avrebbe dovuto lottare a ogni costo; ed è quello che fece.
A 12 anni iniziò a lavorare come venditrice di carbone, impiego che non riusciva a garantirle la sopravvivenza. Infatti, la miseria spinse la ragazzina a vendersi come ballerina e prostituta in una taverna del porto della sua contea.
Dopo qualche anno, stanca di essere l’attrazione sessuale di un luogo malfamato, decise di dare una svolta alla sua vita: si trasferì a Londra, dove trovò un impiego come domestica presso la casa del compositore Thomas Linley.
A Londra Amy, nonostante le sue umili origini e la totale assenza di cultura, trovò un ambiente favorevole grazie, soprattutto, alla sua magnetica bellezza (non posso non pensare a un antico detto che ripeteva sempre mia nonna: “Chi nasce bella non nasce poverella”), ed Amy di bellezza ne aveva da vendere: pelle candida, lunghi capelli ondulati color mogano, occhi blu e seno prosperoso, una fanciulla dall’aspetto tanto innocente quanto sensuale; una sensualità che, però, la rese un bocconcino appetibile per il fiorente mercato della prostituzione della Londra del tempo.
Paradossalmente è proprio in un bordello, a Covent Garden, che iniziò la ”favola” della ragazzina che stregò il giovane aristocratico Harry Fetherstonhaugh, il quale le propose di danzare in esclusiva per lui e i suoi amici nella sua country house di Up Park, dove Amy, presto, si trasferì.
La fanciulla era sempre circondata da uomini ricchi e potenti, che facevano a gara per godere della sua compagnia, e fu proprio in quel periodo che conobbe numerosi pittori come Romney, che la ritrasse più volte, e William Hamilton, ambasciatore inglese a Napoli e collezionista d’arte, che ne rimase incantato. L’idillio, però, finì presto: la ragazza rimase incinta, e Sir Fetherstonhaugh era deciso a sbarazzarsene.
Amy tornò a Londra, dove, pur di non arrendersi alle avversità, trovò lavoro presso la casa di un medico ciarlatano, come accompagnatrice di “gentiluomini”. Fu a questo punto che Amy comprese quanto, per una ragazza senza educazione né culturale né morale come lei, la protezione di un uomo ricco e potente potesse essere fondamentale. Ecco, dunque, che entra in scena Charles Greville, gentleman freddo e calcolatore, che, invaghitosi della ragazza, pensò ad ella come ad un piacevole diversivo in caso di matrimonio d’interesse.
Dunque Charles serviva a Amy, quanto quest’ultima serviva a Charles. Il giovane, però, pose delle condizioni: la figlia “indesiderata” doveva essere affidata alla nonna, e con la bambina anche il volgare accento e la reputazione della giovane donna dovevano sparire. Amy, nel frattempo ribattezzata Emma Hart, iniziò a studiare buone maniere, musica, canto, italiano e francese.
Tutto ciò che l’umile fanciulla aveva sempre desiderato si stava realizzando. Per strada veniva riconosciuta come la compagna di Sir Greville, e il suo volto finì sulle pagine di Town & Country, giornale avido di celebrità. Tutto questo trambusto, tuttavia, creò non pochi problemi al giovane, che, pesantemente indebitato, stava valutando l’idea di sposare un’ereditiera, la cui famiglia impose una condizione: il matrimonio si sarebbe celebrato solo se l’amante di Charles fosse uscita di scena. Greville non esitò un istante, e pensò di affidare, in cambio di denaro, la sua ormai ex amante allo zio quasi settantenne, Sir William Hamilton.
L’affare fu concluso: Emma, come un’opera d’arte, fu ceduta a un nuovo collezionista senza che ella potesse esprimere la sua opinione a riguardo. Ma la ragazza, ormai, aveva imparato a trarre il massimo profitto dalle situazioni apparentemente avverse, e anche questa volta la sua intraprendenza non lasciò spazio alla disperazione.
La donna arrivò presso la corte di Ferdinando IV di Borbone il 26 aprile del 1786, nel giorno del suo ventunesimo compleanno. Bellissima e nel fiore degli anni, aveva un obiettivo: non era più disposta a essere semplicemente un’amante; Emma voleva diventare una vera signora, e ci riuscì. Con la sua grazia, la sua intelligenza e il suo carisma Emma conquistò la Napoli bene del tempo e il cuore dello stesso sir William, che nel 1791 la sposa, facendo di lei una Lady.
A questo punto, la povera ragazza del Cheshire poteva dire di avercela fatta davvero. In quel periodo Emma divenne una vera e propria icona di stile e di tendenze: diede vita a delle performance di danza, recitazione e posa, che ella stessa chiamava “attitudes”, durante le quali, con indosso abiti di foggia classica, e servendosi di scialli, rievocava personaggi femminili della storia, della letteratura e della mitologia classica. Queste esibizioni si diffusero presto in tutta Europa, finendo addirittura per essere illustrate su preziosi servizi di porcellane. Insomma, Lady Hamilton aveva cancellato ogni traccia di Amy Lyon.
Reginetta delle feste più alla moda del tempo, conquistò la stima di aristocratici, intellettuali e addirittura della famiglia reale. La regina Maria Carolina, infatti, mostrò immediatamente una curiosa simpatia per la giovane, al punto da dispensarla dalle rigide regole di etichetta che vigevano a corte. Le due donne passavano moltissimo tempo insieme, sia in pubblico che in privato, insospettendo l’intero regno. Voci raccontavano che la regina si chiudesse nelle sue stanze da bagno, per ore, in compagnia della sola Lady Hamilton.
Se le due donne avessero o meno una relazione al momento non ha importanza, e soprattutto non dovrebbe stupire visto il clima che si respirava nella Napoli del tempo. Ciò che invece, deve stupirci è come Emma in poco tempo abbia saputo ingraziarsi un personaggio di rango nettamente superiore al suo.
Dell’umile ragazza del Cheshire ormai non era rimasto più nulla; Emma, grazie alla sua ambizione, ma anche grazie al sostegno di William, era diventata una “it girl”.
Lord Hamilton, che per la ragazza più che un marito fu un vero e proprio precettore, si preoccupò di farle avere tutto ciò che le era mancato, soprattutto in fatto di educazione e cultura. Emma gli fu eternamente grata, ma non al punto da volergli dare un figlio. Ciò nonostante la coppia visse felice, fin quando irruppe sulla scena l’ammiraglio della flotta inglese Horatio Nelson, che sconvolse la vita e i sensi della nostra Lady.
I due s’incontrarono in un’occasione ufficiale a Napoli: Nelson chiese a sir William di intercedere, in qualità di ambasciatore inglese, presso il re di Napoli, affinché questi acconsentisse all’invio di soldati per bloccare la flotta di Napoleone Bonaparte a Tolone.
Lui era l’eroe nazionale e lei la più bella del reame e, presi dalla passione, iniziarono quella che è diventata una delle più belle e scandalose storie d’amore di tutti i tempi. La loro relazione divenne l’oggetto d’ interesse e di pettegolezzo dei giornali scandalistici di mezzo mondo. Lord Hamilton accettò con amarezza, ma anche con grande dignità, la relazione clandestina della moglie, e addirittura assecondò la richiesta di Emma di ospitare l’ammiraglio, ferito e malconcio dopo aver sbaragliato la flotta francese, nella loro casa.
La posizione di Lord Hamilton ancor oggi risulta poco chiara: si fece coinvolgere dalla moglie in un “ménage à trois”? Non lo scopriremo mai. Quello che è certo è che Emma era ormai un personaggio troppo in vista a Napoli, e il suo ruolo di moglie dell’ambasciatore inglese, favorita della regina e amante dell’eroe Nelson la resero facile bersaglio di accuse gravissime: fu ritenuta responsabile delle tragiche esecuzioni dei repubblicani che posero fine alla breve Repubblica Partenopea, influenzando e viziando il giudizio di Nelson.
Nel frattempo, a testimonianza della grande influenza che aveva a corte, Emma ricevette la prestigiosissima onorificenza di Dama di Devozione dell’Ordine di Malta, decorazione assai raramente concessa a una donna, soprattutto se non di nascita nobile.
L’ascesa sociale della giovane era ormai arrivata alle stelle. Ma, come l’eroina romantica di un romanzo non a lieto fine, Emma ben presto dovette fare i conti con la sua vita: ebbe una figlia da Nelson, Horatia, e a distanza di poco tempo morirono sia il marito, che non aveva lasciato nulla dei suoi averi alla moglie (forse per vendetta?) sia Nelson.
Per Emma, dunque, fu l’inizio della fine: la sua fama e la sua spregiudicatezza potevano essere tollerate fin quando c’era un uomo a proteggerla. Ormai sola, non più giovanissima e senza un uomo al suo fianco, non aveva più alcuna speranza.
Fu esclusa dai salotti dell’alta società per la sua condizione di adultera, e, disperata, cadde nel tunnel dell’alcol e del gioco d’azzardo. Dissipati quei pochi beni che aveva, fu costretta a vendere l’unica cosa che le era rimasta dell’amore più grande della sua vita: l’uniforme di Nelson.
Emma morì a Calais, in Normandia, dove si era rifugiata con la piccola Horatia, alla quale non aveva mai rivelato di essere sua madre, nel gennaio del 1815 all’età di cinquant’anni, povera così come era venuta al mondo.
La storia di Lady Hamilton, donna avvenente e risoluta, disposta a servirsi di uomini potenti pur di riscattarsi da una condizione che l’avrebbe uccisa intellettualmente, ancor oggi scandalizza, incuriosisce e fa sognare intere generazioni, che possono emozionarsi guardando il bellissimo film del 1941, diretto da Alexander Korda, Lady Hamilton, dove una meravigliosa Vivien Leigh veste i panni della nostra Emma.