A cura di Cinzia Pacileo
Quando si pensa a Margaret Thatcher la prima cosa che viene in mente è sicuramente quel soprannome, “Iron lady”, scaturito da una felice definizione di un giornale russo, che ben fotografava la sua ferrea coerenza nelle ardue questioni politiche che dovette affrontare durante i suoi mandati alla guida del Regno Unito; ma ella ebbe un ruolo importante anche in un altro settore, ovvero quello beauty, e ciò non stupisce se si considera che Margaret fu la prima donna a ricoprire l’incarico di Primo Ministro di una nazione del mondo occidentale, e dunque una posizione di assoluto prestigio e potere ricoperta in precedenza da uomini.
Margaret si ritrovò dunque a dover adattare la sua immagine e il suo look non soltanto perché rappresentava l’intera nazione, ma anche perché doveva emanare autorità e credibilità in un contesto lavorativo quasi interamente composto da uomini, e nei confronti di una popolazione abituata ad essere guidata da uomini. Ricordiamo che siamo negli anni ’80, assolutamente cruciali per l’emancipazione femminile: in quel periodo sempre più donne iniziavano a svolgere professioni di prestigio e a ricoprire incarichi di potere, e dunque sorgeva il problema di essere prese sul serio nelle nuove vesti di donne in carriera. Margaret divenne primo ministro del Regno Unito nel 1979: ella può essere considerata dunque a tutti gli effetti una pioniera di quegli anni così importanti per la lotta alla parità dei sessi in ambito lavorativo. Ripercorriamo quindi insieme la sua vita, per poi dedicarci più attentamente al suo importantissimo apporto nel cosiddetto “power dressing”.
Margaret Hilda Roberts nacque il 13 ottobre 1925 a Grantham, nel Lincolnshire, una contea inglese situata nella regione delle Midlands orientali. La sua famiglia, composta dai due genitori Alfred e Beatrice, e da una sorella, ebbe un rilevante peso nella formazione delle convinzioni politiche della piccola Margaret: essi crebbero le loro due figlie gestendo umilmente una drogheria, e tramite la religione metodista, che praticavano, insegnarono loro a prendersi a cura l’un l’altro, nonché a non voltarsi dinanzi ai problemi etici e politici della società di cui facevano parte. Inoltre papà Alfred era un local counselor a Grantham, e si confrontava spesso con la figlia sui problemi quotidiani.
Tra il 1943 e il 1947 Margaret frequentò il Somerville college dell’Università di Oxford, laureandosi in chimica: già in questa fase iniziò a interessarsi di politica, come dimostra la sua elezione a Presidente di un’associazione studentesca universitaria, incarico che le consentì di entrare in contatto con numerose personalità politiche.
Dopo la laurea dapprima Margaret lavorò come ricercatrice chimica presso l’azienda inglese BX Plastics, per poi decidere di dedicarsi al diritto, laureandosi in giurisprudenza. Margaret si candidò poi, nel collegio di Dartford, come esponente del partito conservatore, alle elezioni del 1950 e poi a quelle del 1951, ma non riuscì, in entrambi i casi, a battere il candidato del partito laburista, conquistando comunque un numero di consensi inaspettato che ridussero l’ampio margine che divideva i due partiti. Tra le fila del partito conservatore Margaret conobbe Denis Thatcher, un ricco uomo d’affari che aveva preso parte alla seconda guerra mondiale come ufficiale d’artiglieria, congedato come maggiore e decorato per il coraggio: nel 1951 i due si sposarono, e dall’unione coniugale nacquero, nel 1953, due gemelli di nome Carol e Mark.
Nel 1959 Margaret venne eletta per far parte della House of Commons, che rappresenta il fulcro del sistema parlamentare inglese, bicamerale come quello nostrano, ma composto appunto da una House of Commons ( Camera dei Comuni) eletta democraticamente, e dalla House of Lords (Camera dei Lords), completamente non elettiva con diverse tipologie di componenti.
Nel 1970, con la vittoria del Partito Conservatore, Margaret divenne Ministro dell’Istruzione, mentre nel 1975, a seguito dell’ennesimo trionfo del Partito Laburista alle elezioni, ella divenne la prima donna a ricoprire l’incarico di leader del suo partito, e, con le successive elezioni del 1979, grazie alla maggioranza ottenuta dal suo Partito nella Camera dei Comuni, Margaret divenne il primo ministro del Regno Unito, e dunque, l’inquilina del famoso appartamento n. 10 di Downing Street nella city di Westminster, a Londra, residenza ufficiale del primo ministro inglese dal 1735.


Durante il suo primo mandato (1979-1983), Margaret diede subito prova di essere effettivamente una iron lady, prendendo il comando in prima persona delle operazioni in ben tre occasioni complesse che ebbero eco internazionale e risvolti tragici: l’assalto di sei terroristi iraniani all’ambasciata di Londra del 1980, che si concluse con l’uccisione dei 5 terroristi e la cattura del sesto, lo sciopero della fame del 1981 di alcuni prigionieri irlandesi appartenenti all’IRA (organizzazione militare clandestina che si batteva per la liberazione dell’Irlanda dal dominio inglese) che chiedevano il riconoscimento dello status di rifugiato politico, che si concluse dopo 217 giorni dal suo inizio, dopo la morte di ben 10 prigionieri (primo di tutti Bobby Sands), e nel 1982 la guerra contro l’Argentina per il possesso delle Isole Falkland, di proprietà del Regno unito, conclusasi con una vittoria per la Thatcher.
Margaret ottenne poi un secondo mandato (1984-1987) grazie alla vittoria del Partito Conservatore alle elezioni del 1983: nella sua rinnovata carica di primo ministro inglese si ritrovò a dover fronteggiare numerosi scioperi, organizzati sia dal sindacato dei minatori, che si opponevano alla chiusura delle miniere, sia dai portuali britannici, che scioperavano per dimostrare la loro vicinanza alla causa dei minatori; ella riuscì inoltre a sopravvivere a un attentato organizzato dall’IRA nel 1984 che provocò comunque la morte di 5 persone. Per quanto riguarda la politica estera, Margaret era fortemente euroscettica (famosissimo il suo “No, no, no” alla moneta unica), e al contrario condivideva le idee politiche e una speciale amicizia con il Presidente americano Ronald Reagan.
Nel 1987 Margaret ottenne il terzo mandato consecutivo, stabilendo un primato per quanto riguarda il XX secolo; da rilevare la storica riforma sulla sicurezza degli stadi di calcio varata tra il 1989 e il 1990 dal governo Thatcher, che consentì di porre un freno alle inaudite violenze degli hooligans inglesi (basti pensare qui alla strage dell’Heysel, nel 1985, quando una finale di coppa dei campioni tra Juventus e Liverpool divenne teatro della morte di 39 spettatori) tramite un intervento normativo su vari livelli, come il divieto di introduzione di alcolici negli stadi e la facoltà di procedere per direttissima anche solo per violenza verbale. Nel 1988 il governo Thatcher emanò inoltre il Local Government Act, di cui faceva parte la controversa sezione 28, aspramente criticata poiché proibiva la promozione dell’omosessualità nei luoghi pubblici: contro questa disposizione si levò un coro di disapprovazione, tra cui imponenti marce di protesta (come quella di Manchester, cui parteciparono ben 20.000 persone), canzoni come quella del famoso cantante Boy George (No clause 28), e il coming out di un grandissimo interprete dei drammi shakespeariani e attore cinematografico inglese come Ian McKellen.
Infine, nella notte del 20 novembre 1990, constatato l’isolamento all’interno del suo stesso partito anche a causa di alcune riforme decisamente impopolari (esemplari a tal proposito le sue frasi: ”la medicina è amara, ma il paziente ne ha bisogno”, oppure “ci odieranno oggi, ma ci ringrazieranno per generazioni”), Margaret decise di dimettersi dall’incarico di primo ministro del Regno Unito, e, qualche giorno più tardi, abbandonava con le lacrime agli occhi il n. 10 di Downing Street, dove aveva risieduto per ben 11 anni. L’iron lady continuò nel suo impegno politico come membro della Camera dei Lords, col titolo di baronessa di Kesteven, fino a quando i suoi problemi di salute le imposero un progressivo allontanamento dalla vita pubblica. Nel 2003 morì il marito Denis. Negli ultimi anni di vita Margaret, afflitta tra le altre anche del morbo di Alzheimer, partecipò alle esequie dell’amico Ronald Reagan, ma non prese parte alle nozze di William e Kate.
L’8 aprile 2013 Margaret Thatcher moriva in seguito ad un ictus: le fu riservato un funerale con tutti gli onori militari alla insolita presenza della regina Elisabetta II e del duca di Edimburgo.
E adesso torniamo allo stile di Margaret, ma con una necessaria premessa sul power dressing più sopra accennato: questa definizione deriva dal libro bestseller “Dress for success” di John T. Molloy, pubblicato nel 1975, seguito poi nel 1977 dal successivo libro “The Women’s dress for success book”, nei quali l’autore sottolinea che le donne devono curare anche l’abbigliamento per raggiungere posizioni di successo. Le origini del power dressing in realtà risalgono a molto prima degli anni ’80: nel 1954 Coco Chanel realizzò per le donne in carriera il completo Chanel, molto sofisticato ma anche rigoroso e classico, composto dalla celebre giacca in lana, senza collo, col tipico tessuto lavorato, con nessuna, due o quattro tasche (due sul seno e due più giù sopra ai fianchi), bottoni metallici, maniche aderenti, e con gonna attillata a tubo che copriva il ginocchio. Nel 1966 si aggiunse lo smoking femminile realizzato da Yves Saint Laurent.
I libri di Molloy furono presi in grande considerazione in America, tanto che le donne iniziarono a preferire semplici completi con giacca piuttosto che outfit scoordinati, e di lì a poco il concetto arrivò in Europa. Il power dressing, ovvero l’abito del potere, si tradusse in quegli anni in un abbigliamento rigoroso, che sembrava rubato dall’armadio di lui, con nessuno spazio per elementi di frivolezza o richiami romantici: e dunque via libera ai tailleur di modello maschile, con spalline imbottite e imponenti, colli a revers, tessuti pesanti (come il tweed), linee ben delineate, abiti su misura, cappotti squadrati, gonne al ginocchio, maglie a collo alto ecc. Per quanto riguarda le fantasie assolutamente bandite quelle eccessivamente femminili (come le stampe floreali), via libera invece ai classici quadretti vichy, ai gessati, ai completi monocolore, mentre per quanto riguarda i colori anche qui parola d’ordine sobrietà, dunque no ai vari rossi e rosa, sì al nero, grigio o al blu nelle sue varianti. Il power dress, in questa veste, ebbe così tanto successo che vennero realizzati due film sul tema, ovvero “Dalle 9 alle 5… Orario continuato” del 1980 e “Working girl” del 1988, con Melanie Griffith e Sigourney Weaver.
Eccoci dunque a valutare l’apporto di Margaret in questi anni così importanti per il raggiungimento dell’uguaglianza di genere: l’incarico così prestigioso ottenuto nel 1979 la portò a rivoluzionare completamente il suo look, e ad anticipare e dare un enorme contributo al power dressing, secondo il suo motto ”never flashy, just appropriate”. Margaret dichiarò a tal proposito che, divenuta primo ministro, dovette effettuare delle scelte di stile che le comportarono rinunce, perché ciò che ella indossava non poteva essere scelto a caso dimenticando il suo ruolo istituzionale: emblematico il caso di un cappellino a strisce blu e bianco indossato durante un impegno ufficiale quando ricopriva l’incarico di Ministro dell’Istruzione, che, nelle sue stesse parole, sarebbe stato perfetto per un’attrice, ma non per una donna in politica.
Innanzitutto, se si confrontano le fotografie di Margaret prima del suo incarico e dopo, la prima cosa che risalta agli occhi è il cambiamento dei suoi capelli, che, da primo ministro, appaiono sempre perfetti, molto voluminosi, immobili, fissati con molta lacca, quasi a voler trasmettere anch’essi il messaggio di una persona autorevole e dalla ferrea volontà, che sapeva il fatto suo. Qualcuno ha accostato questo suo taglio di capelli così studiato nei minimi dettagli al classico elmetto dei soldati in guerra, e Margaret ci teneva così tanto che da documenti ufficiali rinvenuti di recente risulta che in un anno ebbe ben 118 appuntamenti dal parrucchiere!
L’iron lady, che nella celebre definizione di Mitterand aveva “la bocca di Marilyn e gli occhi di Caligola”, addolciva il suo aspetto con vari elementi sconosciuti al power dressing di cui abbiamo parlato, e sicuramente tra questi un posto di rilievo è occupato dalla blusa iperfemminile che la Thatcher usava talmente tanto che al suo funerale la moglie del Primo Ministro inglese, Samantha Cameron, decise di renderle omaggio indossandone una: stiamo parlando di quella che gli inglesi definiscono pussybows. Con questo termine si fa riferimento ad una chiusura tramite un fiocco morbido che si può trovare in una blusa, ma anche in un vestito o una camicia, tipica di tessuti leggeri come la seta: le sue origini si fanno risalire al 1934, ma è ancora oggi molto attuale, usata tra le altre da Lady D e Melania Trump, perché quel fiocco incorniciando morbidamente il collo dona un tocco di sensualità raffinata, alla parisienne.
Negli outfit della iron lady ritroviamo comunque i classici tailleur con le spalle ben disegnate quasi sempre portati con gonne (non sempre rigide, ma anche plissè) o i cappotti squadrati del power dressing, le mantelle sgargianti anche con bordi a contrasto e tagli netti, ma come abbiamo visto Margaret li abbinava a dettagli femminili che ne attenuavano il rigore, come le perle (assolutamente non negoziabili perché regalo del marito Denis per le nozze), sia per le collane (spesso a due fili) che per gli orecchini, le spille, i cappellini ton sur ton che possedeva in quantità impressionante. Inoltre Margaret non usava soltanto tessuti rigidi e pesanti (come il tweed, peraltro molto british) o d’impatto (come il broccato, soprattutto per la sera), consigliati dai libri di Molloy (che pure fu un suo consulente di stile), ma, complice forse l’essere cresciuta con una madre sarta che confezionava gli abiti a mano per lei e la sorella, ella usava spesso tessuti più leggeri e di alto fascino, come la seta scivolata (molto usata soprattutto negli abiti da giorno), il crepe di lana, ed accanto a fantasie molto rigorose come il pied-de-poule e i quadretti, ella alternava fantasie meno impegnative, come quelle arabescate o i simpatici pois. Dal 1987, dopo la sua visita in Unione sovietica, l’intero guardaroba del primo ministro del Regno Unito, e dunque cappotti, tailleur ma anche abiti da sera, venne realizzato da Aquascutum, storico marchio londinese di abbigliamento di lusso.
Per quanto riguarda i colori dei suoi abiti, Margaret non usava soltanto i classici nero, beige o grigio, ma sceglieva spesso colori decisi, come il blu nelle sue varietà (soprattutto royal blue), il rosa salmone, il verde, anche il giallo; ella inoltre non indossava il rosso in patria semplicemente perché è il colore del partito laburista, mentre ha scelto di fare il suo primo ingresso nel n. 10 di Downing street indossando un vestito blu elettrico, perché banalmente il blu è il colore del partito conservatore nel Regno Unito.
La borsa era del tipo handbag (a mano) rigida, di pelle, spesso nera o blu, con chiusura a scatto, firmata dallo storico gioielliere Asprey (negozio attivo sin dal 1781), che fornisce tuttora anche la Regina, ed è divenuta talmente rappresentativa del potere della iron lady che un modello di sua proprietà, usato per 30 anni, è stato recentemente battuto all’asta per 25.000 sterline, l’equivalente di 30.000 euro, da Christie’s, la più grande casa d’aste al mondo. Altra borsa dalle caratteristiche simili alla precedente molto amata da Margaret è la Launer bag, che ha attualmente in vendita sul suo sito una borsa a lei dedicata, la Maggie.


Altro vezzo di Margaret, questa volta trasmesso da sua madre, una sarta: i bottoni, per la ricerca dei quali ella incaricava una sua personale assistente, Cynthia Crawford, che aveva il compito di ricercare quelli più antichi e elaborati in tutti i negozi appositi che si trovavano nelle città di passaggio, che venivano poi abbinati alle varie giacche da tailleur. Tra i suoi negozi preferiti il londinese The Botton Queen, a Marylebone Lane, e il newyorchese Tender buttons, nell’Upper East Side.
Il make up della Iron Lady è quasi inesistente, in ossequio ai dettami del power dressing; Margaret aveva inoltre una particolare conformazione degli occhi, con palpebra molto infossata peggiorata con l’età, perciò si intravedeva giusto qualche sfumatura di ombretto, sempre dal colore pastello molto delicato, mentre la rima inferiore è spesso delineata esternamente, probabilmente per conferire maggiore autorevolezza allo sguardo. Il rossetto è invece sempre presente, con tonalità anche decise ma assolutamente portabili come il rosso mattone.
Una curiosità che aggiunge un dettaglio utile a farci comprendere questa statista molto controversa: durante un’intervista rilasciata nel 1986, al giornalista che le chiese dove comprasse la sua biancheria intima, ella candidamente rispose che si riforniva da Mark & Spencer, economica multinazionale inglese, dimostrando così che il successo e i soldi non avevano cambiato le sue abitudini da figlia del popolo.
E adesso qualche riferimento cinematografico, oltre a quelli già menzionati: “Iron Lady” del 2011, con una grandiosa Meryl Streep vincitrice dell’Oscar per questa interpretazione, “Hunger” del 2008, con Michael Fassbender a interpretare Bobby Sands, il leader della rivolta dei detenuti irlandesi del 1981 , e infine “Nel nome del padre” del 1993 con Daniel Day-Lewis nei panni di un ragazzo irlandese coinvolto in una vicenda simile a quella di Josef K. nel libro “Il processo” di Kafka.
E infine una citazione di Geri Halliwell, membro delle Spice Girls, famoso gruppo musicale londinese composto da 5 donne e attivo nella seconda metà degli anni ‘90, che all’indomani della morte della Iron Lady così riportò su twitter il suo dispiacere: ”Our 1st Lady of girl power”. Il post è stato subito rimosso a causa delle critiche dei fans, segno che Margaret Thatcher continua ancora oggi a dividere le coscienze, ma il suo ruolo come icona di stile resta assolutamente indiscusso, e ancora attuale.