A cura di Yasmin Hadjeres
La protagonista di oggi riuscì, grazie alla sua bellezza, al suo talento ed alla popolarità derivata dalla sapiente combinazione che fece di queste due cose, a sfruttare quest’ultima per cause importanti, diventando un’icona afroamericana. Andiamo a conoscere Joséphine Baker, la “perla nera”.
Freda Joséphine McDonald nasce a Saint Louis, la città del jazz, il 3 giugno 1906. Nel mistero, perché come il vecchio adagio dice, mater semper certa est; Carrie McDonald era una lavandaia, benché di etnicità incerta essendo stata adottata a fine secolo da una famiglia di ex schiavi mista afroamericana e nativa americana; pater nunquam, dibattuta ancora oggi tra un certo Eddie Carson, un musicista dell’epoca, e altre figure non identificate, probabilmente bianchi, forse tedesco, di una delle case dove Carrie lavorava all’epoca.
L’etnicità è molto importante in queste storie, sia per l’epoca, con un’America che usciva dall’abolizionismo e nella quale era un fattore determinante per il costrutto sociale anche degli anni a venire, sia per le rappresentazioni di questi personaggi per la cultura afroamericana di oggi, in cui anche da piccoli dettagli identitari si riescono a carpire informazioni cruciali per l’appartenenza. Ad ogni modo, è forse anche a causa di questo che Joséphine non si sente legata alle sue origini, dato che lascia la sua casa a soli 13 anni, per iniziare a lavorare come ballerina nei teatri di Saint Louis, quando finalmente ottiene un provino.
A soli sedici anni, nel 1921, è già sulle scene di Broadway nella rivista Shuffle Along, dove rimane per due anni, fin quando non viene notata e nel 1925 parte per Parigi, alla volta del teatro degli Champs-Elysées, assieme ad altri artisti americani per comporre la revue nègre, una serie di spettacoli, con una troupe di soli artisti neri, legati alla diffusione della musica jazz in Francia ed in Europa, ma anche di una “cultura nera” che si distacchi dal colonialismo.
Si esibiscono davanti a buona parte dell’intelighenzia parigina come Robert Desnos e Francis Picabia, ed è subito un successo. Presto, Joséphine ne diventa la stella di punta, e la sua popolarità cresce. In breve tempo diviene anche prima ballerina del teatro, che registra tutto esaurito ogni sera mentre tutta Parigi parla di questa venere nera che canta la canne à sucre e fa la banana dance “we have no bananas”, mentre è quasi sempre nuda, con piume o con l’iconico gonnellino formato da sedici banane dorate, creato appositamente per lei dal costumista Paul Seltenhammer, cosa che probabilmente marca l’inizio della sessualizzazione della banana. Il suo stile era particolarissimo, perché riusciva a combinare l’energia del charleston americano, la tradizione del varietà notturno francese, e il calore africano.
Era una novità assoluta anche sul piano estetico, in una Francia sì vivace, ma comunque molto riservata, con la sua carnagione ambrata ed i suoi capelli cortissimi, lisciati e appiattiti sulla testa, che attorcigliava in dei riccetti sulla fronte e sulle tempie, che fissava col bianco d’uovo e che adornava con farfalline, gioielli, piumette, il famoso “Eton crop”, un taglio di capelli che sembrava quasi dipinto sul cranio, e che era davvero scandaloso.
Si può dire che Parigi fosse piacevolmente sconvolta.
Ironicamente, proprio quello per cui lei era ricercata, l’esoticità e la sua particolare bellezza, fra le molte cose, non erano così tanto apprezzate da lei stessa che benché avesse una carnagione non troppo scura, imbeveva la pelle del viso e del corpo di succo di limone quotidianamente per tentare di schiarirsi, cosa che iniziò a fare a Broadway e che continuerà a fare nella sua carriera di ballerina, un misto del retaggio interiorizzato delle discriminazioni subite nella sua vita ma anche della moda, che nonostante sembrava che stesse progredendo in un certo senso, voleva comunque dei “neri non troppo neri”.
Non di meno, il suo stile e la sua influenza iniziano a pervadere qualsiasi cosa, e Joséphine diventa anche una business woman, essendo la prima donna afroamericana a creare il suo cosmetico personalizzato: la Baker fix, una pomata per capelli in un tubo con la sua figura in effige, che probabilmente conteneva olio di ricino. La linea di prodotti si estese anche ad altri, come il Baker oil, un olio abbronzante che prometteva la bella carnagione di Joséphine e nessuna scottatura.
Oggi guardando a celebrità come Beyoncé questo sembra normale forse, ma per l’epoca era qualcosa di incredibilmente pionieristico per una donna di colore.Il successo è inarrestabile: le donne la imitano, gli uomini la amano e la vogliono sposare, chiedendo ogni sera la sua mano, Joséphine parte addirittura in tournée europea.
Nel 1927 comincia alle Folies Bergères con spettacoli sempre più stravaganti: fuoco, un leopardo, scenografie imponenti non mancano mai. Joséphine prova anche a darsi al canto per la prima volta con la canzone “J’ai deux amours” nel 1931, mentre accetta di fare anche due film, Zouzou e Princess Tam Tam.
Nel 1937 torna negli Stati Uniti per tentare una tournée, ma non incontra il successo sperato: parla con accento francese e viene snobbata per questo, senza contare che lì non è una rarità ricercata come in Francia ed in Europa. Rientra quindi nel suo paese adottivo dove si sposa nel 1937 con Jean Lion, ottenendo la nazionalità francese, e continua la carriera da cantante, incidendo “la conga blicoti”.
Per quell’epoca come si può immaginare, aveva tessuto rapporti e amicizie con tutta la Parigi che conta, gli intellettuali, i politici, gli artisti… Così, quando scoppia la Seconda guerra mondiale, non esita a prendere parte, conoscendo il capo del controspionaggio parigino, Jacques Abtey.
Con la sua bellezza e la sua fama, tutti la vogliono, e non è difficile per lei infiltrarsi nei saloni e negli ambienti per ottenere informazioni preziose.
Abbiamo visto una Joséphine che non aveva timore di essere nuda per ottenere quello che voleva, ma la sensualità secondo lei, si otteneva benissimo anche mostrando soltanto la giusta dose di pelle. Era una grande fan dei vestiti cut out, degli accessori imponenti, e dei brillanti, possibilmente dalla testa ai piedi.
Nel trucco, non rinuncia mai ad sfumare il suo khol in modo da creare uno smoky eye, corredato da ciglia finte, lasciando sempre però le sopracciglia molto sottili. Il rossetto diventa più spesso rosso o rosa rispetto a quello cremisi o vinaccia delle sue esibizioni. Joséphine crea le mode, e quindi incarna perfettamente i cambiamenti, a seconda di come può sfruttarli.
Uscita dal cabaret, abbandona momentaneamente la sua iconica pettinatura per far crescere i capelli che non fissa più con quantità incredibili di prodotti, ma con boccoli sulla testa, come in una corona, o via via che crescevano con trecce e aperti sulle spalle. Anche questa Joséphine era glamour a suo modo, caratteristiche che l’hanno sempre contraddistinta.
Nel 1940, si arruola ufficialmente nei servizi segreti della Francia liberata sempre sotto Abtey, per i quali effettuerà missioni in tutta la Francia ed in nordafrica, principalmente con la copertura di spettacoli e di inviti ufficiali, mentre negli spartiti musicali e nei testi delle canzoni celava messaggi. Viene ingaggiata nel corpo femminile dell’armée de l’air, con la quale sbarca a Marsiglia nel 1944.
Dalla Liberazione fino alla fine della guerra prosegue un’attività di volontaria con la Croce Rossa, cantando per i soldati fra le altre cose. Diventata capitano, viene decorata con la legione d’onore da Charles De Gaulle.


Dopo la Guerra, si risposa nel 1947 con un direttore d’orchestra, Jo Bouillon con in quale acquista un castello in Dordogna, per il quale spende praticamente tutto, e vi accoglie 12 bambini provenienti da diverse parti del mondo, che diventeranno i suoi figli adottivi.
Negli anni ’50 e ’60 diventa particolarmente attiva sul piano dei diritti civili: partecipa a numerose proteste, comitati, sia negli Stati Uniti, tornandoci più frequentemente, che in Francia, tentando di diffondere le cause del Civil Rights Movement anche in Europa.
Nel 1963 partecipò a Washington alla marcia organizzata da Martin Luther King, e fu uno degli speaker. Purtroppo però, non era più molto attiva nello spettacolo e le spese dei figli e dei suoi possedimenti la lasciarono praticamente bancarotta. Per fortuna in suo soccorso venne l’amica divenuta principessa Grace di Monaco, che le offrì di esibirsi per qualche tempo a Montecarlo, permettendole di salvarsi dalla rovina, e di riportare in auge i suoi shows. Torna infatti ad esibirsi negli anni ’70 in Francia ed in Europa.
Da ricordare l’esibizione del 1973 al Carnegie Hall di New York, in un paese ed in una città dove non era mai stata benvoluta artisticamente, al limite della discriminazione, e che l’accolse stavolta con una standing ovation, che la commosse a tal punto da scoppiare in lacrime.
Morì il 12 Aprile 1975 a Parigi, a 68 anni, dopo una serie di spettacoli organizzati per i 50 anni del suo debutto. Il giorno del suo funerale, tenuti nell’église de la Madeleine, dove li ricevono solo le personalità importanti, si riversarono in strada più di 20mila persone. Il goveno francese la onorò con 21 colpi di cannone, facendo di lei la prima donna afroamericana della storia ad essere sepolta con gli onori militari in Francia.