Maria Callas

A cura di Chiara Rinaldi

Grassa, immigrata ed indesiderata, il 2 dicembre 1923 nasce a New York Maria Callas.
Sì, perché Evangelia e George Kalogeropoulos, con la piccola Jackie, avevano appena traslocato da Atene nella Grande Mela. La coppia aveva perso in quello stesso anno, un figlio maschio e pensava che con un bel trasloco ed un nuovo membro maschio le cose si sarebbero aggiustate.
L’arrivo della neonata che avvenne in quella terra straniera, non fu per niente restauratore: era, purtroppo, una femmina, che la madre si rifiutò di vedere per ben 4 giorni ed a cui venne dato un nome: un lunghissimo Anna Maria Cecilia Sophia, solo svariate settimane dopo la nascita.
Per tutti, comunque, fu sempre e solo Maria.

I signori Kalogeropoulos provenivano dalla borghesia ateniese, erano entrambi laureati ed il padre riuscì ben presto ad aprire una farmacia. Il cognome, lungo e difficilmente pronunciabile in inglese, fu cambiato in Kalos, diventato in seguito Callas.
La vita di Maria, soprattutto prima della crisi economica del ’29, fu modesta ma tranquilla. Non era la preferita, veniva confrontata spesso con l’insuperabile sorella Jackie e fu proprio mentre correva incontro alla sorella che all’età di 5 anni fu investita da una macchina e trascinata per diversi metri. Rimasta in coma per giorni, al suo risveglio sua madre disse che non era più la stessa, il suo buon carattere fu sostituto da quello che il mondo conosce come pessimo, superbo, irritante.
Ho cercato di capire cosa ci fosse in lei da renderla così irritante, cosa l’abbia consacrata a vipera insopportabile e perché per una donna dalle doti così ineguagliabili tutto sia sempre stato faticoso, difficile, lungo, quasi leopardiano. La prima risposta ce la dà Cristina Gastel Chiarelli.

Nella biografia che scrive sulla cantante, la Chiarelli chiarisce fin da subito che la Callas, la Divina, non aveva filtri, diceva quello che pensava sempre, senza soffermarsi a pensare all’effetto che avrebbe sortito, nei primi anni di carriera probabilmente anche il “come” lo diceva non doveva essere proprio pieno di grazia.
Tutti sappiamo quanto la sincerità non sia ben accetta in questo mondo, quanto ancor meno lo sia nell’ambito del lavoro e vi posso garantire, dopo 20 anni nell’ambiente, ancor meno nel teatro dell’opera. Con questo quasi ingenuo modo di fare si brucia da subito le simpatie dei colleghi, come anche quelle degli insegnanti.
L’altro motivo che la rende intollerabile è ovviamente il suo talento. Leggendo le sue biografie, e guardando le innumerevoli interviste che si trovano su Youtube, ho ascoltato una soprano piuttosto giovane che parlava di lei, sostenendo che la Callas rese difficile la vita a qualsiasi soprano dopo di lei: non erano solo il suo talento, la sua voce o l’incommensurabile diligenza nello studio, ma anche la forza interpretativa, dote per lei naturale. L’intensità con cui entrava nei personaggi, come li sentiva, li possedeva, incantavano il pubblico.
Insomma, una stakanovista che costringeva tutti al suo livello: più che normale che attirasse antipatie.

Dopo l’incidente la vita di Maria prosegue con qualche difficoltà economica, il padre è costretto dalla crisi a vendere la farmacia e viene assunto come semplice farmacista, i Kalos, o Kallas, si spostano in appartamenti sempre più piccoli, in luoghi sempre più poveri. In tutto questo Evangelia costringe il marito a sborsare i soldi per le lezioni di canto per la prediletta Jackie e per Maria, ma non è la voce di Jackie che i passanti si fermano ad ascoltare sotto le finestre della famiglia: quella che spicca per talento è Maria. Per la prima volta la “Cenerentola” di casa emerge e con forza impone le sue capacità, così tanto che Evangelia decide che la figlia avrebbe fatto la cantante.
La prima vittoria di Maria si trasforma così in una condanna: sarà lei stessa, anni più tardi, a lamentarsi di non aver avuto un’ infanzia.
I rapporti tra i Callas si fanno sempre più difficili e Evangelia decide di riportare le figlie ad Atene. È il 1937, Maria ha 14 anni, la madre la vuole iscrivere al conservatorio, ma non può, perché sono accettati solo ragazzi sopra i 16 anni.
La ragazza era alta 1,73, paffutella, e complice la moda dell’epoca riuscì a dimostrare 16 anni.
Maria fa il primo passo verso la sua carriera e viene ammessa. Purtroppo non importa quanti anni abbia, o che sia ancora una bambina, viene immediatamente vessata.

Fortunatamente arriva nella sua vita Elvira de Hidalgo, ex cantante molto dotata e famosa, costretta a rimanere ad Atene dall’inizio della guerra, che capirà, percepirà quello che Maria possiede, per andare oltre quelle goffe sembianze e dimostrarsi per Maria un‘ancora di salvezza.
Con l’inizio della guerra, comincia anche la fame: ci sono chilometri da fare nelle campagne per racimolare qualche verdura da generosi contadini; le tre Callas non riescono a sbarcare il lunario.
Intanto, Maria è per la de Hidalgo l’alunna perfetta, la mattina si presenta nel suo studio, assiste a tutte le lezioni e al loro termine accompagna a casa l’insegnante, sempre facendo domande, umilmente ascoltando e seguendo con attenzione i suggerimenti.
Per questo quando Maria rischia di interrompere l’apprendimento, quando sua madre si appresta a chiederle di avvicinarsi ai soldati, per lasciarsi “corteggiare”, la de Hidalgo interviene e riesce a farla assumere al Teatro dell’Opera di Atene. Lo stipendio è misero, ma le vengono offerti i pasti che lei divide con la madre.
Per lei questi sono anni di studio matto e disperatissimo, durante i quali la musica è la sua unica compagna, la sua amica, la sua sfida ed il suo sostentamento.
Con la de Hidalgo non si lamenta mai, studia, approfondisce, aggiunge il tedesco alle lingue già conosciute: inglese, greco, italiano, spagnolo e francese.
Era molto brava, talmente tanto che i colleghi, dopo la liberazione, riescono a farla bandire dal teatro come collaborazionista dei tedeschi.

Maria riparte con pochi spiccioli per l’America, non sa nemmeno dove viva il padre, ma va a tentare la fortuna. Lì, le va malissimo: c’è chi dice che le furono offerte delle recite al Metropolitan come Butterfly e che lei rifiutò perchè si sentiva fisicamente inadeguata, ad ogni modo, dopo due anni improduttivi, dopo aver amoreggiato e firmato un contratto capestro con un impresario sposato e delinquente (che anni dopo all’ apice del suo successo cercherà di riscuotere la sua percentuale) parte per l’Italia, ingaggiata dall’arena di Verona per cantare la Gioconda diretta dal maestro Serafin.

Arriva in Italia, di nuovo immigrata e sola, le rubano la valigia appena arriva: in albergo si lava la camicetta per poterla indossare di nuovo. Il giorno dopo, con quella camicetta stropicciata, con i suoi chili di troppo, senza ancora aver pronunciato una nota, conosce Gian Battista Meneghini.
Quando si incontrano Maria ha 24 anni, Meneghini 28 più di lei, è un piccolo imprenditore che ha fatto fortuna coi laterizi ed è fissato con l’opera: infatti a Verona conosce tutti.
La leggenda vuole che Meneghini abbia sentito la Callas cantare e si sia invaghito immediatamente, ma ci sono testimonianze scritte che raccontano un’altra storia. Il giorno successivo al loro incontro, Meneghini supplica il sovrintendente di lasciar andare gli interpreti in gita con lui, si raccomanda che Maria partecipi ma lei invece non va. Complice un’unica camicia stropicciata, si vergogna, non se la sente. Meneghini la va a prendere, la veste, la porta via e quella sera stessa la bacia.

Comincia allora un corteggiamento serrato, di cui ci restano numerosissime e romanticissime lettere.
La convince a firmare un contratto nel quale lui si impegna al suo sostentamento al fine di renderla una cantante famosa , perché crede in lei e la ama, ancora prima di aver sentito la sua voce.
Nel frattempo deve debuttare e come al solito, non è benvolutissima, inoltre, si nota che è molto giovane: quanto meno doveva essere un po’ spaesata: all’inizio, infatti, scrive al “delinquente” parlandogli di Meneghini come di un vecchio utile, ma dopo solo pochi mesi, le sue lettere cambiano, l’interesse si trasforma in amore.
La passione che Battista le dichiara, la sua dedizione, il suo conforto sia affettivo che finanziario, la conquistano.
E qui, con una Callas innamorata, un debutto all’Arena fatto, ci ritroviamo in dieci giorni con una Maria sola e senza lavoro: il suo debutto era passato in sordina e Meneghini si allontana subito dopo, probabilmente forzato dalla famiglia. Lei comincia a scrivergli, con la stessa passione e lo stesso amore che lui le aveva dimostrato.
L’unico su cui aveva fatto colpo e che si ricorda di lei, in questo momento, è il Maestro Serafin, spronato dalla moglie Rakowska. La invita a Roma il 28 ottobre del 1947 per studiare Tristano e Isotta, opera che stava preparando per la Fenice di Venezia e che le avrebbe fatto cantare il 30 novembre .
Fu un trionfo: pubblico, critica, chiunque si entusiasmò per quella greca voluttuosa e da allora tutti la vollero, cominciò a cantare sempre e ovunque ruoli difficili e sempre differenti gli uni dagli altri. Il 30 Novembre 1948 debutta nella Norma di Bellini al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, sempre diretta da Serafin, opera che più di tutte la rappresenta e rappresenta la consacrazione del suo talento.
Nel gennaio del 1949 compie un miracolo musicale: canta “Die Walchirie” e subito dopo i “Puritani”, impresa quasi impossibile in così poco tempo, diretta da Serafin.
Sempre nel 1949, nascosti in una sagrestia, con la pudicizia che possono avere due innamorati di culti diversi, Maria Callas diventa Maria Menighini Callas. Finita la misera cerimonia, senza nemmeno fare una festa o prendersi un attimo di normalità per rimanere a casa, Battista la accompagna alla nave che la porterà in tournée in Sud America. Torna ad essere sola in terra straniera, e riprendere a scrivere.

Si sente spesso dire che la Callas non scriveva, che le faceva fatica: ebbene, Renzo e Roberto Allegri hanno scritto tutta la sua biografia basandosi sulle sue lettere, e non le hanno neanche potute leggere tutte!
Le lettere che scrive in quel periodo a Battista, come le precedenti sono sì lettere d’amore, racconti di vita, di prove, ma anche del vivere quotidiano dove l’argomento ricorrente è il cibo, che è una parte, se non fondamentale, molto “evidente” nella vita di Maria. I suoi ammiratori sostengono che non si abbuffava , che aveva un qualche problema metabolico, che era stress, c’è chi dice che fu la tenia a farla ingrassare, o al contrario a farla dimagrire, suo marito rilasciò un’intervista in cui sosteneva che l’avesse ingerita volontariamente, c’è chi sostiene che era golosa di carne, che mangiava molto al sangue e che da lì l’avesse presa.
Di sicuro c’è che parla sempre di cibo, cosa ha mangiato, quanto ha perso, quanto è ingrassata. Si dice girasse con la sua bilancia in valigia e in tutta sincerità non ho visto una sua foto da magra fino al 1953.
Sempre nelle interviste di Youtube, un’ottuagenaria amica della Callas, in un programma di intrattenimento del pomeriggio, raccontava di un episodio in cui Maria in piena notte le telefonò disperata per lancinanti dolori alla pancia. Venne fuori che si era mangiata 8 uova sode di seguito, procurandosi una colica al fegato. Si anche dice che prima degli spettacoli mangiasse un filetto di 8 etti! Insomma, la Callas dava chiari segni di disordine alimentare.

Tornata in Italia nel 1950, prosegue la sua turbinosa carriera cantando un po’ ovunque, richiesta, ammirata, la rotonda Callas miete ammiratori ovunque canti, solo un teatro le rimane precluso, il teatro del prestigio massimo, della possibile consacrazione: il Teatro La Scala di Milano.
E qui tornano i vecchi discorsi, il suo carattere, la sua provenienza, la sua apparenza e soprattutto il fatto che la regina della Scala, donna dolce, mite e probabilmente molto più gestibile di Maria, era…Renata Tebaldi.
Nel Febbraio del ’50 la Tebaldi si ammala e alla Scala interviene Maria come sostituta per Aida… Se non avesse cantato sarebbe stato lo stesso: il pubblico tebaldiano le rimane freddo, ostile. Il sovrintendente, che l’ha fatta chiamare, la ignora, non la ringrazia ed onta massima non la va nemmeno a salutare in camerino, cosa che la farà molto risentire la determinata e sicura Maria.
Quando ho detto a mia madre (classe 1941) che avrei scritto quest’articolo mi ha detto: ”Perchè la Callas? Era brutta, tirchia e la Tebaldi era molto più brava, la preferiva anche Toscanini”. Ecco questo è il pensiero sulla Callas del tempo, di chi l’ha vissuto: era brutta, anche da dimagrita, era tirchia e manco brava quanto la dolce, bionda e buona Tebaldi.
In realtà Maria entra alla Scala grazie a Toscanini: il giudizio del maestro, infatti, era allora insindacabile, la sua volontà, legge. Maria viene raccomandata ovunque ed alla fine, il 22 settembre 1951, dopo un’estenuante tournée in Sud America dove era stata più volte confrontata ed umiliata dalla Tebaldi, il Maestro Toscanini la ascolta.
Toscanini voleva dirigere il Macbeth di Verdi, ma non aveva mai trovato una voce femminile adatta: Maria era lo strumento che Toscanini stava cercando per completare il suo progetto, che poi, però, non andò mai in porto.

Le raccomandazioni sortiscono effetto, quindi il 2 Ottobre il sovrintendente scrive una lettere alla Callas, invitandola a lavorare alla Scala. Il 7 dicembre 1951 aprirà la stagione alla Scala con i Vespri Siciliani, il pubblico è diviso in due, un po’ come tra Beatles e Rolling stones, o ami gli uni o gli altri.
Si racconta che i fans della Tebaldi si fossero portati la verdura da casa e che l’abbiano lanciata insieme alle rose alla fine dell’opera, ma che Maria, notoriamente miope, non se ne sia accorta, e che abbia stretto al suo petto ringraziando il pubblico un bel mazzo di ravanelli.
Vi racconto una cosa, ho lavorato davvero a lungo nel teatro dell’opera e posso testimoniare di aver visto spostare letteralmente montagne per permettere ai cantanti di non perdere mai di vista il maestro: non vedere il maestro che suona, per un cantante, può voler dire sbagliare nota, ritmo ed inflessione. Maria il maestro non lo vedeva comunque, è per questo che, sempre con diligenza assoluta, si faceva tutte le prove, d’orchestra, in sala, era disponibile ad ogni prova per timore di dover lavorare con gli occhi, anche per questo non poteva rimanere simpatica ai colleghi, che non si potevano permettere di dire niente mentre la più grande cantante del secolo cantava alla cieca.

Ad ogni modo il debutto alla Scala è un trionfo, i critici milanesi devono cedere e tutti i milanesi si inginocchiano alla sua voce, ma non basta a placare le critiche: “questa signora ben portante, venuta chissà da dove, dalla Grecia o dall’America, che parla un ridicolo accento grecoveneto … si veste senza troppa cura, parla troppo, o troppo poco, o troppo chiaro, mandata avanti da un marito commerciante così più anziano di lei, avara, attaccata ai soldi e cattiva con sua madre” C.G. Chiarelli.
“Non avevo mai visto una donna vestita peggio, era in sovrappeso di parecchi chili, sembrava una matrona. E poi non sapeva proprio nulla di eleganza” Biki, stilista che poi la vestirà durante la sua carriera, nonché nipote di Puccini.

Secondo la Chiarelli, e tra le mille voci che ho sentito e letto mi sembra la teoria più plausibile, Maria ha elaborato un piano. Possiamo tranquillamente affermare che la Callas arriva ai vertici della musica non per colpi di fortuna, ma per volontà, una volontà forte, che non sente il sacrificio, quindi decide a tavolino di diventare bella. Secondo la Chiarelli, Maria fa un calendario di chili da perdere a spettacolo, per esempio: 29 dicembre 1951 Traviata al Regio di Parma, difficoltà dell’opera 2, chili da perdere 5; 9 gennaio 1952 I Puritani a Firenze, difficoltà 5 chili, da perdere 2.
Inoltre, ci racconta Zeffirelli che la trovò in camerino con la foto che le aveva autografato Audrey Hepburn: se la rigirava tra le mani ammirando la bellezza e la semplicità di quella donna, la sua eleganza, il suo look, la sua pettinatura. Il suo cambiamento fisico, il suo dimagrimento, fu, infatti, abbinato ad un look simile a quello della diva hollywoodiana: capelli lisci, tirati, graziosamente raccolti dietro la nuca, una frangetta corta giovanile, ammiccante, il tutto accompagnato da una vita sottilissima, evidenziata da gonne a ruota, mai provocante, sempre contenuta, decorata dai suoi amatissimi gioielli…ecco, questa è la nuova Callas.


Adesso, quando anche la sua estetica raggiunge i massimi livelli, diventa “La Divina”, la regina della Scala, del mondo artistico, non c’è teatro dove non sia richiesta e non c’è opera dove lei non si assicuri di approvare tutti: registi, direttori, cantanti. Riesce a portare Luchino Visconti alla regia alla Scala, è ormai potente e non ha debiti con nessuno, non è più ricattabile, ha un marito anziano che la adora e che lei ricambia, che curò ed accompagnò, nel bene e nel male, sempre la sua carriera.
Il suo regno sarebbe durato molto più a lungo, quasi quanto è durata la sua leggenda, se lei non avesse lasciato.

Dal 1953 al 1959 raggiunge livelli inarrivabili, sembra che tutto le sia concesso, canta di tutto e ovunque, è una diva e non si ferma mai, soggioga New York, Chicago e Londra.
Poi, da un momento all’altro, si ammala, salta qualche spettacolo e complice una tracheite, dà forfait al presidente italiano Ronchi, all’Opera di Roma. Il pubblico non la perdona, parla di presunzione, di mancanza di serietà. Ci sarà anche una causa tra la Callas e l’Opera di Roma, causa che Maria vincerà: era malata ed il teatro non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea di una sostituzione, anche se è pur vero che lei si era resa insostituibile.
In questi anni si danno feste per lei, la parte mondana della sua vita interessa al pubblico quasi più della sua voce.
Maria non aveva mai avuto una dimensione privata, se non quella con Battista, suo marito, e qui non aveva mai sperimentato e “vissuto” granché…Proprio in quel momento subentra nella sua vita Aristotele Onassis.

Ho letto tre libri per scrivere questa storia ed erano tutti libri in cui si parlava di Maria con amore e devozione, a nessuno degli autori che ho letto andava a genio la storia con Aristotele Onassis, la Chiarelli glissa proprio quasi su tutta la vicenda.
Fatto sta che l’uomo più ricco del mondo vuole la Callas: la conosce ad una festa a Venezia, la insegue per tutta Europa…dà perfino una gigantesca festa a Londra in suo onore, che viene definita “l’evento mondano dell’anno”. E pensare che a lui neanche piaceva l’opera!
Maria è ancora malata e affaticata però, ha bisogno di riposare. Battista la porta a Sirmione nella loro villa, ma i dottori le consigliano il mare…indovinate a chi appartiene lo yacht che la invita, riempiendo le pagine di gossip per tutta l’estate?
Aristotele porta i Meneghini-Callas in crociera insieme ai Churchill e agli Agnelli e a svariati altre personalità mondane. Maria non voleva andare inizialmente, ma Battista insiste , e per quando la crociera finisce Maria ha già una relazione con Onassis, di cui sia Battista che la moglie dell’armatore sono a conoscenza. I Meneghini-Callas tornano a Milano nella loro casa, Maria chiede di rimanere sola e rispedisce il marito a Sirmione.
Battista tiene un diario in cui descrive quotidianamente gli eventi fin da prima dell’inizio della crociera, ed è straziante da leggere:dolorosamente rinuncia alla sua metà, come un osservatore impotente, viene insultato da Onassis, che ubriaco lo raggiunge insieme a Maria a Sirmione e gli dice che era stato criminale da parte sua rinchiudere Maria, che a quel punto lascia il marito per seguire Onassis in giro per il mondo.
Purtroppo, durante i nove anni della loro relazione, Maria subisce umiliazioni pubbliche e private, smette gradualmente di cantare, tenta in ogni modo di tenerlo stretto a sé con un figlio, ma lo perde.
Anche il momento in cui Maria viene a sapere che Onassis si sposa con Jaqueline Kennedy è leggenda. La versione che rende di più l’idea di quale fosse la relazione tra Aristotele e la Callas, è quella che vede Maria apprendere del matrimonio dalla televisione, mentre si trova sul divano nella sua casa di Parigi.

E’ il 1968 quando tutto cambia, la sensazione che si ha è che Maria sia sola, non sappia cosa fare, come agire, che sia insabbiata. Sente di non avere più la voce, non riesce più a dormire bene e comincia con l’uso di quei sonniferi a cui qualcuno imputa la sua morte.
Ci sono numerose testimonianze che la relazione tra Aristotele e Maria non sia mai arrivata ad una conclusione, pare che abbiano continuato a vedersi di nascosto, si vocifera di foto in cui si vede uscire lui dalla casa di Maria a Parigi. Lo stesso tenore Di Stefano, con cui la Callas avrà una relazione negli ultimi anni della sua vita, racconta delle telefonate che quasi quotidianamente riceveva da Aristotele, con il quale passava ore al telefono.
Onassis muore nel 1975, si dice che passò a trovare la Callas pochi giorni prima della sua morte e che lei si rifiutò di farlo entrare.

Nel 1979 una Maria disperata accetta, dopo decenni di proposte, di fare un film, la regia è di Pier Paolo Pasolini. Sono tutti d’accordo nel dire che ingenuamente si prende una cotta per il regista, dichiaratamente omosessuale, di cui la cantante fraintende, fantasticando, ogni atteggiamento, arrivando a scambiare l’anello (che le viene regalato dal regista come ringraziamento alla fine delle riprese) per un anello di fidanzamento. Ma Pier Paolo e Maria resteranno amici molto uniti.
La Callas procede, sempre annaspando, in questi anni difficili, in cui non si fida più della sua voce.
Le vengono proposte delle lezioni alla scuola di musica di New York, la Julliard. Maria si fa convincere, e anche qui, chissà… la Chiarelli parla di lezioni ineguagliabili per le quali c’era la fila anche solo per assistere e alle quali andavano nomi del Jet set internazionale. Secondo gli Allegretti, invece, le lezioni erano sopravvalutate e quasi inutili.
Il suo vecchio amico, il tenore Giuseppe di Stefano, le propone di ricominciare insieme. Organizza una tournée alla quale Maria è contraria perché ormai non si fida di se stessa, ma si lascia convincere e parte, con calma e con la forza di volontà che la contraddistinguono, e finisce la tournée con una voce che lei stessa definisce “soddisfacente”.
Il 1975 le porta via anche la speranza: quell’anno muoiono non solo Onassis, ma anche Pasolini e Luchino Visconti.
La solitudine che la circonda si amplifica e la sovrasta, il 16 settembre 1977 muore nella sua casa di Parigi, con l’unica compagnia dei suoi domestici.
Quello che succede dopo la sua morte è ancora più triste. Dopo una caccia al testamento, che Battista riesce a ritrovare da un vecchio amico avvocato, la sua casa, i suoi beni, le sue lettere, gi spartiti, i gioielli, i vestiti, vengono venduti all’asta e Battista, la madre e la sorella di Maria si spartiscono il ricavato.
Anni dopo Battista sovrastato dai sensi di colpa cercherà di recuperare quello che aveva venduto.
Persino le sue ceneri vengono occultate in una banca in Svizzera e poi sparse nel mare Egeo, che per lei non era nulla: non era stato il mare del suo amore travolgente, perché l’isola della sua felicità, Scorpio, è nell’Adriatico, e non era il mare della sua nascita. Quest’ ultima decisione le toglie inoltre la possibilità di essere ammirata ed amata come credo le sarebbe piaciuto.

Il motivo per cui io subisco cosi tanto il fascino di questa donna, non risiede come si potrebbe credere nelle sue capacità vocali ed interpretative, e nemmeno il fatto che da grassa e sgraziata sia riuscita a divenire quella che oggi chiameremmo una fashion icon.
Maria in un certo senso è l’anti femminista, desiderava una casa, una famiglia ed un figlio; voleva occuparsi di quello. Voleva la tranquillità…O almeno una parte di lei, la parte tradizionale e religiosa, la parte che era stata cresciuta in maniera convenzionale.
Poi c’è la parte che non è controllabile, con la quale credo solo Battista sia riuscito a mediare, la diva, la donna che viene pagata più dei suoi colleghi, che detta legge, che può decidere da sola cosa fare e chi essere, una chimera per la maggior parte di noi anche oggi.
Io credo che lei sia morta sola, che tutti abbiano cercato di cancellarla, compresa la sua famiglia, perchè era stata pericolosa, destabilizzante ed indomabile, non solo per le donne ma perché tutte le persone di questo genere rappresentano piccole crepe nella nostra società, che possono apportare cambiamenti profondi, mentre se vengono risanate tutto può rimanere immutato.
Ci rimane di lei la leggenda: la musica, il mito, e che ognuno la ricordi esattamente per come l’ha immaginata.

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