A cura di Elisabetta Baldassarre
Non sono un chimico ma due cosette ho dovuto impararle dal momento che ho cominciato a produrre il sapone nella mia cucina ed ero (lo sono ancora) interessata a conseguire esiti quanto meno decenti (visto che lo uso e lo regalo ai miei cari che ne restano sempre soddisfatti)
Quanto ho imparato lo condivido qui, entrando a volo d’angelo nelle modalità della produzione perché, durante lo studio preliminare che ho fatto, prima di armeggiare per produrre sapone e continuando a farlo, ho anche imparato che cos’è e che cosa non è, che cosa rimane e che cosa non rimane dopo la potente reazione chimica che porta alla composizione del sale di sodio o di potassio (perché il sapone è un sale).
Un sapone non può essere in alcun modo idratante o nutriente o altro, come invece vogliono farci credere una serie di pubblicità. É importante sapere cosa possiamo esattamente aspettarci da un sapone, ed è solo la detersione.
Qualcuno ci rimarrà male. E’ un po’ come dire addio a Babbo Natale.
Un po’ di magia, di poesia, però, rimangono: legate a sensazioni tattili ed a profumi antichi (soprattutto se non si fa uso di essenze o oli essenziali) che questi saponi naturali regalano.
Non è mia intenzione trascinarvi in massa a produrre sapone, ma tentare di spiegare, per sommi capi, come si arriva a fare una saponetta genuina e gentile con la pelle come con l’ambiente. Per apprezzare pienamente il lavoro e le risorse economiche che mette in campo chi produce sapone naturale.
Cominciamo.
Cos’è il sapone?
Il sapone, dicevamo, è un detergente e nulla più: “cattura” nella sua schiuma le particelle di sporco che verranno poi allontanate con l’acqua.
E lo shampoo solido? Alla fine altro non è che un sapone. Per quanto abbia letto in giro dei distinguo fra il primo ed i secondi, non mi sono convinta che siano particolarmente diversi poiché il pH è comunque basico e quindi poco adatto ai capelli.
Ho cominciato ad interessarmi al sapone naturale dopo averne ricevuto uno, autoprodotto, in regalo da un’amica. Lo usavo in doccia e ci (anche al coinquilino) è piaciuto molto. Lasciava la pelle morbida morbida…
“Ah! Allora è vero che nutre e idrata!”, direte. E invece no! Seguitemi e vi spiegherò.
Terminato con rammarico questo sapone ricevuto in regalo, ho voluto provare a farlo ed ho cominciato a cercare informazioni sul web, sono entrata in un gruppo di spignatto dedicato all’argomento, ho comprato un libro e sono partita con la produzione dopo essermi procurata una gran quantità di olio d’oliva biologico. Poi un giretto per negozietti etnici per recuperare l’olio di cocco e quello di ricino, un salto al supermercato per l’olio di riso e una capatina in ferramenta per la soda caustica più, girando per negozietti vari, qualche formina di silicone, bilancia di precisione, scodelle e attrezzi dedicati.
I saponi naturali e i saponi industriali hanno in comune tre ingredienti, ovvero i grassi, la soda caustica (o, secondo il tipo di sapone che desideriamo produrre, la potassa caustica) ed una componente acquosa, che in genere è l’acqua ma può essere un decotto, una tisana, latte di origine animale o vegetale, succo di frutta ecc. In alcuni shampoo solidi si usa la birra che, contenendo zuccheri, contribuisce a creare una bella schiuma.
Oltre alle modalità di produzione, la differenza fra saponi industriali e naturali è soprattutto nella qualità dei grassi. In genere, nell’industria si usa l’olio di palma oppure grassi di scarto dell’industria alimentare. Per i saponi naturali, invece, si predilige l’olio di oliva (ma c’è tutto un mondo di oli e grassi saturi, che non sto qui ad elencare, che conferiscono al sapone le sue caratteristiche – consistenza, schiumosità, detergenza – e che ogni saponaio artigianale decide in quali proporzione utilizzare in base a che tipo di prodotto vuole ottenere).
Quando si parla di grassi si parla (per grandi linee) di acidi grassi insaturi che, a temperatura ambiente, si presentano liquidi e di acidi grassi saturi che a temperatura ambiente si presentano sotto forma solida.
Quando vengono unite soluzione caustica (costituita dal liquido e da uno degli idrossidi di cui parlavo prima) e grassi, le molecole della prima in soluzione con le molecole del grasso creano numerose reazioni e queste reazioni producono calore.
La parte saponificabile reagisce alla soluzione caustica fino a diventare sale di sodio corrispondente all’olio usato (in caso di olio d’oliva, sodium olivate, in caso di olio di palma, sodium palmate: le trovate poi nell’inci del sapone). Il prodotto di scarto di questa reazione è la glicerina che nell’industria solitamente viene tolta, perché pregiata, per altri usi, e nei saponi naturali, invece, rimane. E questo spiega perché i saponi industriali sono molto duri, compatti, lucidi, poco elastici, mentre i saponi naturali sono opachi, cedevoli (la stagionatura lenta tende poi ad indurirli).
E poi?
Che fine fa la frazione insaponificabile ovvero quella parte delle sostanze che, sottoposte all’azione della soluzione caustica non diventano sapone?
Sicuramente non diventa sapone ma vi rimane imprigionata all’interno dopo aver subito delle alterazioni perché viene comunque sottoposta all’azione della soluzione caustica che è un’azione molto decisa.
Alcune di queste sostanze rappresentano la parte aromatica (profumi/odori e sapori) dei grassi e altre ancora sono degli efficaci antiossidanti naturali in grado di conferire al prodotto resistenza all’invecchiamento e all’irrancidimento.
Erano in soluzione quando i grassi erano al loro stato iniziale e, pur restando nel sapone, non possono conferirgli le proprietà originali di questi perché non ci sono più integralmente i grassi che erano in origine ma solo poche delle sue componenti!
Quindi, ripetiamo: che cosa resta di attivo nel sapone della parte insaponificabile che è l’unica che contiene gli attivi cosmetici che tanto ci interessano (antirughe, antiossidanti, emollienti, nutrienti, profumi)?
Niente! Solo un po’, a volte, qualche profumo. Un po’. A volte.
Se poi nel nostro sapone c’è del succo di aloe possiamo salutare le sue proprietà idratanti e lenitive anche se la sua presenza rende il sapone un po’ più schiumoso che se avessimo usato l’acqua per la soluzione (a detta di chi ha provato ad inserirlo).
E l’olio di jojoba che ci piace perché rivitalizza, rigenera, lenisce la pelle irritata, la rafforza e previene le rughe? Salutiamo anche queste magnifiche proprietà: la soda non gli lascia scampo!
Possiamo decidere di utilizzare il latte, che contribuisce semplicemente a incrementare di pochissimo il grasso libero nel sapone (sarebbe come aumentare lo sconto soda). Aggiungere il miele, che (come lo zucchero) potrebbe rendere, secondo alcuni, il sapone un po’ più schiumoso. La cera, che è un estere che saponifica e contribuisce a indurire il sapone. Altri “benefici” di tipo cosmetico non ne restano.
“Allora facciamo il sapone senza soda!”
Per quanto in giro per vari mercatini “vegan-salutistici-magici-biologici” ci sia chi millanta di fare saponi senza soda e voglia spacciarli come il non plus ultra del delicato e dermocompatibile, questo non è possibile.
Tutti i saponi si fanno con la soda (o la potassa) però, attenzione, non la contengono perché questa ha reagito con i grassi formando una molecola tutta nuova.
Avvenuta la reazione chimica, tolto il sapone dagli stampi, misuriamo il pH.
Un sapone (sia esso industriale, artigianale o autoprodotto) ha un pH tra 8,5 e 10. Il che ci dice che il sapone è un cosmetico basico.
Questo pH aiuta e coadiuva la detersione della pelle ma ha un possibile risvolto negativo che, in particolari casi di sensibilità, provoca un eccesso di secchezza e la pelle ci mette più tempo a riequilibrarsi. Non potendo intervenire in alcun modo sul pH (che non riusciamo a variare al ribasso pena la stabilità stessa del sapone) si applica lo sconto della soda per cercare di rendere il sapone meno aggressivo possibile.
Il sapone è un composto alcalino e, contrariamente a quanto certi saponi industriali fanno pensare, non è possibile ottenere un sapone con un pH “neutro”. Tutti i saponi solidi con un pH inferiore a 8 sono detersivi sintetici (i cosidetti saponi-non-saponi appunto), ottenuti dalla combinazione di tensioattivi, agenti schiumogeni e regolatori del pH.
Se si aggiungessero regolatori del pH (acidi, in questo caso) per abbassare l’alcalinita’ del sapone, la reazione che fa nascere il sale di sapone non avverrebbe!
Come si rende quindi meno aggressivo questo sapone che, fin’ora, ha rispettato tutti i criteri per essere economico (se non ci siamo svenati comperando burri rari e oli essenziali per profumarlo) e rispettoso dell’ambiente?
Premesso che la soda reagisce in modo diverso con grassi diversi secondo precisi coefficienti, possiamo decidere di usarne un po’ meno stabilendo una percentuale che fra i saponai casalinghi viene chiamato “sconto soda”. Cioè: mettiamo meno soda (o potassa, sempre secondo il sapone cui stiamo lavorando). Questo consente che una parte dei grassi non reagisca e rimanga libera (ma non allo stato originale) nel sapone. Più è alto lo sconto (ma sempre entro il 10%) più il nostro sapone sarà setoso e ci lascerà la pelle morbida.
Adesso abbiamo un sapone più delicato sulla pelle, ma non meno basico: il pH resterà sempre tra 8,5 e 10
A questo punto direi che il sapone naturale è da apprezzare per tutto quello che non contiene rispetto al sapone industriale. E’ ciò che gli manca che lo rende un detergente gentile con la pelle: gli mancano acidi grassi ad alto potere detergente, gli mancano tutti quegli additivi che l’industria aggiunge per produrre un risultato finale che sia il più seducente possibile e dia il massimo della resa in tutte le condizioni possibili (sequestranti, profumi, colori, correttori della texture etc etc etc). Il sapone naturale non ha niente di tutto questo, tranne la sua brava glicerina, che al sapone industriale viene tolta, e lava senza aggredire.
Adesso che sappiamo che cosa accade, anche se nel sapone avessimo introdotto un olio con effetti cosmetici “spaziali” contro le rughe (per esempio) e questo fosse sopravvissuto alla reazione con la soluzione caustica (che raggiunge temperature molto elevate), resterebbe sulla pelle per i pochi secondi utili ad insaponare corpo o viso per poi essere sciacquata via e finire nello scarico.
Decisamente troppo poco perché qualsiasi sostanza abbia il tempo di penetrare la pelle e far qualcosa!
E così torniamo a quanto si diceva all’inizio: avremo un supplemento di MAGIA o di POESIA con buona pace dell’Inci
Fonti (a parte un po’ di esperienza sul campo):
Il sapone fatto in casa for dummies – Patrizia Garzena e Marina Tadiello – Hoepli
Gruppo Facebook “Il mio sapone”
RICETTA PER CREARE UN SAPONE BASE
La ricetta da seguire è quella davvero più semplice realizzata con il minimo degli ingredienti, io non l’ho mai fatta: sono partita direttamente con ricette appena più strutturate dopo aver dato un’occhiata alle caratteristiche che apportano i grassi all’interno del sapone. La ricetta l’ho presa da quelle pubblicate sul gruppo FB “Il mio sapone” cui ho aggiunto delle “postille esemplificative”).
Ho aggiunto a seguire gli step della preparazione e le caratteristiche che avrà il sapone una volta pronto.
I passaggi ci sono tutti, riassunti all’osso, ma consiglio VIVAMENTE di studiare un po’ prima di avventurarsi. Il libro di “Il sapone fatto in casa for dummies” contiene tutte le basi necessarie.
Seguire pedissequamente la ricetta. Non cambiare ASSOLUTAMENTE la composizione dei grassi (questo richiederebbe di ricalibrare la soda).
Sapone all’olio d’Oliva (di Patrizia Garzena)
Metodo a freddo
Stagionatura: minimo 6-8 settimane
Grado di difficoltà: facile
INGREDIENTI:
- 1 kg di olio di oliva (qualunque tipo va bene, anche il sansa, non vi svenate con un extra vergine)
- 128 g di soda caustica (è già applicato lo sconto del 5%) – deve essere SODA CAUSTICA non va bene la Solvay
- 300 g di acqua
Ingredienti facoltativi:
- 10-15 ml olio essenziale di lavanda
- 1 cucchiaio di farina/amido di riso
Questo sapone non farà molta schiuma. Ha necessità di stagionare più a lungo degli altri altrimenti si consumerà in fretta (la stagionatura prevista è quella minima ma dopo un anno dà il meglio di sé)
ATTREZZATURA (che è meglio sia dedicata esclusivamente a queste operazioni di chimica casalinga):
- Pentola di ACCIAIO (tutti gli altri metalli entrano in reazione chimica con la soda) di capacità almeno doppia rispetto ai grassi che deve contenere;
- Caraffa (per versare meglio la soluzione caustica, ma anche coppa, di acciaio, o plastica adatta (polipropilene) o vetro borosilicato (in ogni caso deve resistere ad una temperatura che arriva a circa 80° durante la reazione acqua-soda);
- Frullatore ad immersione con lame in acciaio;
- Cucchiai o spatole da cucina;
- Stampi o formine (devono resistere agli alcali, avere una buona resistenza al calore, essere flessibili per poter sformare con facilità; si può utilizzare anche il tetrapak del latte dopo averlo adeguatamente pulito);
- Bilancia di precisione;
- Termometro per arrosti
- Guanti di plastica, mascherina, occhiali per proteggersi da vapori/eventuali schizzi di soluzione caustica;
- Vecchia coperta
Procedimento
E’ importante lavorare in tranquillità, senza persone intorno e senza impedimenti. Proteggetevi con le attrezzature di cui sopra. Preparate TUTTO quello che serve prima di cominciare.
Sbarrare ogni ingrediente man mano che viene inserito (eviterà di dimenticare qualcosa).
Mettere sulla bilancia il contenitore per la soda caustica, fare la tara e pesare l’acqua fredda. Posare il contenitore dentro il lavandino.
Mettere sulla bilancia un contenitore di plastica, vetro borosilicato o acciaio, fare la tara e pesare la soda (al grammo!!!). Aggiungere la soda all’acqua mescolando continuamente e lasciar raffreddare (all’inizio la temperatura è fra 70° e 80°).
Mettere sulla bilancia la pentola di acciaio, fare la tara e pesare i grassi. Trasferire la pentola sul fornello al minimo e raggiungere 45°.
Mentre la soluzione caustica si raffredda e gli oli si scaldano, sistemare gli stampi sul piano di lavoro.
Se intendete aggiungere la fragranza, stemperatela, in una tazzina di ceramica, con l’amido di riso.
Togliere dal fuoco i grassi ed aggiungere la soluzione caustica quando anch’essa avrà raggiunto 45° (tenete conto che i grassi si scaldano in fretta; io comincio a scaldarli quando la temperatura della soda ha raggiunto 60° così i tempi coincidono).
Versare lentamente la soluzione caustica nell’olio mescolando lentamente con la spatola (non fate schizzare in giro). Togliere la spatola ed inserite a azionate il frullatore appoggiandolo sul fondo della pentola e cominciate a frullare facendo lenti movimenti rotatori (i grassi e la soluzione devono emulsionarsi). Man mano il liquido diventerà torbido e opaco e comincerà ad addensarsi fino a raggiungere il nastro. Ovvero si raggiungerà la consistenza (appena più leggera) di una besciamella o crema pasticcera (se avete stabilito di aggiungere la fragranza il momento è questo). Se sollevando il frullatore, le gocce che cadono si fermano in attimo sulla superficie o, mescolando con un cucchiaio, rimangono dei solchi avete raggiunto il nastro. Mettere via il frullatore. Ricordate che in tutto questo tempo la miscela è sempre caustica.
Versate la pasta di sapone negli stampi e avvolgete con una coperta per 24h. Passato questo tempo il sapone si è solidificato (se è ancora morbido attendere altre 24/48h) e potete sformarlo, tagliarlo se è stato colato in uno stampo grande, timbrarlo (se ne avete voglia).
Sistemare i saponi ottenuti su un vassoio o anche cassettina della frutta, coprirlo con un panno e metterlo a stagionare in un posto asciutto e areato.